Falò di Sant’Antonio

Falò di Sant’Antonio, se ne accendono molti in occasione della festa di Sant’Antonio Abate, nelle piazze di tanti piccoli paesi come in zone di grandi città che preservano la tradizione. Ne troviamo numerosi da Nord a Sud nella penisola, alcuni più legati alla tradizione di altri. Nella lista dei più sentiti e particolari ci sono i “fucanoli” di Campagna (Salerno), come altri Falò di Sant’Antonio che, puntualmente, ogni anno, illuminano la Puglia.


L’usanza ha origini da un antico rituale pagano-religioso radicato soprattutto nelle campagne meridionali, un rituale che vede il fuoco dei Falò di Sant’Antonio un modo per purificare. Assieme all’acqua è uno degli elementi maggiormente ricorrenti nelle tradizioni pagane e non, del nostro paese, da sempre infatti chi non desidera esorcizzare l’assalto del maligno?

Falò di Sant’Antonio

Falò di Sant’Antonio a Campagna: i Fucanoli

Il 17 gennaio puntualmente a Campagna ci sono i Fucanoli, uno dei Falò di Sant’Antonio più sentiti della penisola, per via del Santo, ma anche perché è l’occasione per ricordare la morte del monaco e filosofo nolano Giordano Bruno. Questo pensatore eretico, arso vivo sul rogo, è caro a Campagna e ai suoi fieri abitanti, perché proprio in questo piccolo borgo ha soggiornato passando le ore ad affinare le proprie teorie. Non solo: nel 1573, nel Convento dei Padri Domenicani di Campagna, è stato ordinato sacerdote.

I fucanoli, quindi, sono decisamente carichi di significati differenti: chi per credenza popolare, chi per devozione al santo, chi per credenze legate alla magia e alla superstizione, chi per amore delle teorie di Bruno. Resta il fatto che il 17 gennaio a Campagna vale la pena di passare, i suoi cittadini ci tengono molto, anche per far sì che la tradizione non solo sia nota ma anche tramandata alle future generazioni, per la salvaguardia della memoria storica del proprio patrimonio culturale.

La Pro Loco locale, ogni anno si impegna quindi per far sì che al di là del Falò di Sant’Antonio, la festa diventi anche una sagra di gusti e profumi, di festa e di incontri. Durante la festa, quindi, si possono gustare i piatti tipici serviti su tavolate che mettono tutti gli uni affianco agli altri, turisti e popolazione locale, giovani e anziani, eretici e non. Tra le specialità, la “matassa e fasule”, “’a pulenta” nelle sue varie specialità, “cascavall ‘mbiccat”, squisite salsicce pesane accompagnate da “vruoccoli scuppettiati”, sorseggiando vino locale.

Falò di Sant’Antonio

Falò di Sant’Antonio: significato

In occasione della festa di Sant’Antonio Abate si accendono fuochi e si fa festa, spesso aprendo la stagione del Carnevale, tanto che avrete forse sentito dire: “Sant’Antuon: maschere e suon”. Spesso il fuoco viene acceso già alla vigilia della festa, che cade il 17 di gennaio, e lo si tiene acceso fino quando non è stata bruciata tutta la legna questuata.

Tutta la comunità può partecipare ai Falò di Sant’Antonio sentendosi invitato e benvenuto, non c’è ricco né povero che possa sentirsi cacciato da questa festa e che non abbia la possibilità di avere le braci del fuoco, a patto di prenderne solo quando le fiamme scemano, e i guardiani del fuoco permettono l’accesso agli spettatori. Le braci, essendo state protette da dei veri custodi, hanno un valore magico e sacro, si dice che abbiano potere apotropaico e che siano capaci di tenere lontane le sciagure, di neutralizzare le forze malefiche sempre in agguato, esorcizzando paure sia antiche che future.

Falò di Sant’Antonio

Ci si starà chiedendo, forse, come mai proprio il fuoco legato a S. Antonio, visto che i falò di solito si fanno in spiaggia, quando li si può godere sotto le stelle senza battere i denti. Il 17 gennaio il fuoco scalda ma non è certo comodo aspettare ore al freddo, anche se festeggiando. Il fatto è che questo santo è il “protettore del fuoco”.

In realtà è un santo piuttosto ambiguo, la sua figura è stata interpretata in differenti modi e tuttora fa discutere. La teoria che si rifà alla tradizione sarda narra come Sant’Antonio avrebbe rubato il fuoco, scendendo all’inferno col sua bastone e risalendo sulla terra dopo averlo acceso, per darlo agli uomini in modo che potessero innanzitutto scaldarsi, e poi farne buon uso evolvendo.

Un’altra leggenda, quella lucana, racconta invece di un santo figlio di una madre che, inizialmente sterile, pur di avere un figlio, aveva stretto un patto con il diavolo, destinando proprio il suo desiderato figliolo ad andare a vivere con i diavoli, che lo nominarono protettore dell’inferno. L’Abruzzo conferma con le sue credenze, questa versione, in generale il Falò di Sant’Antonio resta un appuntamento strettamente collegato al Carnevale e al ciclo della vita e della morte, alla morte e allo stesso tempo alla vita, alla fertilità.

 Falò di Sant’Antonio in Puglia

La Puglia è una regione in cui si trovano numerosi Falò di Sant’Antonio, anche in veste di protettore degli animali. Questo suo ruolo è riconosciuto in tutta Italia e non è specifico della tradizione pugliese che a suo modo non manca di organizzare processioni e benedizioni di amici dell’uomo a quattro e a due zampe. Non può poi mancare il lato gastronomico della festa in onore del santo, che sembra amare pentoloni di ceci e fave, da queste parti.

Tra ai borghi della Puglia dove possiamo trovare un Falò di Sant’Antonio sentito e organizzato, c’è Novoli, anche perché la tradizione risale al 1664. Il fuoco è protagonista grazie all’intorciata, alla fòcara e ai vari spettacoli pirotecnici in onore del santo purificatore.

Si fa festa con gli animali e con tavole imbandite di prodotti tipici locali: friselle, gnocchi con il baccalà, pupidddhri in scapece (piccoli polpi o alici conditi con aceto, pangrattato e zafferano), baccalà, tonno o acciughe lu pane de santa Ntoni. Il giorno seguente, finito quello di penitenza, ci si può deliziare ancora il palato con tutt’altro genere di menù, a base di formaggi, latticini, carne in brodo e alla brace di Ntunieddru, il maiale, lu tiaulu, il diavolo.

di Marta Abbà